<data:blog.pageTitle/>

This Page

has moved to a new address:

http://www.inesistente.net

Sorry for the inconvenience…

Redirection provided by Blogger to WordPress Migration Service
L'Inesistente: Fëdor Dostoevskij – Le notti bianche

07 aprile 2014

Fëdor Dostoevskij – Le notti bianche

Tutti mi chiedono
tutti mi vogliono
donne, ragazzi,
vecchi, fanciulle,
qua la parrucca...
presto la barba...
qua la sanguigna...
Figaro... Figaro...
son qua, son qua...
... Ohimè che furia,
... Ohimè che folla,
uno alla volta
per carità.

Da Il barbiere di Siviglia, Gioachino Rossini

***

Non siamo a Siviglia; o forse sì? Non importa. Potremmo essere ovunque: la ringhiera a cui lei si regge singhiozzante appartiene a San Pietroburgo, così come a qualsiasi altra città in cui le notti, talvolta, si tingono di bianco, consentendo incontri altrimenti impossibili. Lui raccoglie le lacrime di lei e uno sfavillante squarcio di gioia improvvisamente si apre nella sua torbida esistenza da sognatore; le stringe le mani: a domani, a domani!
     Le notti bianche sono momenti che possono essere vissuti solo se si è giovani (e non per forza all’anagrafe), solo se si accetta l’assurdità dei propri desideri, e tuttavia si continua a sperare, soffrire, immaginare. Insomma, se si accetta di abitare un luogo senza barbieri – perché qui il tempo biologico si ferma e i capelli non crescono più – un luogo senza Figaro ma comunque di qualità, un luogo dominato dalle nebbie del sogno, il vero factotum della città. Fate largo... Tutti lo chiedono, tutti lo vogliono: donne, ragazzi, vecchi, fanciulle.
     Lei passa tutto il giorno a casa, perché la nonna cieca con la quale abita ha cucito le loro vesti con uno spillo, impedendole di andare a caccia di situazioni immorali. Lei, ogni tanto abbozza una scappatella, ma fallisce quasi sempre: ‘Sentite, non ridete della nonna. Io rido perché tutto è così buffo… Che fare se la nonna è proprio così, e solo io le voglio un po’ di bene? Allora la nonna se la prese con me: dovetti subito sedermi al mio posto e, addio, non potei più muovermi’. La strategia dello spillo, però, si rivela inefficace: un giovane forestiero di bell’aspetto affitta il mezzanino, si trasferisce, e con garbo inizia a corteggiare lei. Prima entra nelle grazie della nonna, regalando traduzioni francesi di Walter Scott – Ivanhoe è particolarmente apprezzato – e poesie di Puškin; quindi si spinge oltre, inventandosi di avere un biglietto in più per un palco, un’occasione imperdibile, un’opera buffa: Il barbiere di Siviglia di Gioachino Rossini. La nonna è entusiasta dell’idea. Lei, attraverso la musica, scaglia timidi e arrossati sguardi al forestiero, che ricambia. Al ritorno, incendiata dal fresco ricordo di quell’incrocio oculare, scivola nel letto: sogna.
     Sogna, spiega a colui che ha raccolto le sue lacrime, di incontrarlo al più presto, su quella stessa panchina: le aveva fatto una promessa. Un anno prima, infatti, non riuscendo più contenere i morsi dell’amore, aveva raccolto le sue cose in un fagotto, presentandosi al forestiero con le occhiaie scavate dal buio, istericamente pallida e in procinto di svenire. Il forestiero aveva capito tutto in un attimo; facendola sedere sul letto, le aveva detto che sarebbe dovuto andare a Mosca per sistemare i suoi affari ma sarebbe tornato l’anno successivo e, se lo avesse amato ancora, l’avrebbe sposata. Promesso. Lei non poteva non accettare: a domani, a domani!
     Andare da qualcuno con il proprio fagotto, è indubbiamente una dimostrazione di coraggio, o meglio, di genuina furia; una furia indelebile sagomata a rasoiate dal sogno. È il simbolo del dono totale di se stessi a qualcuno. Una cosa assoluta. Una cosa buffa. Una cosa che solo i giovani che errano nelle notti bianche sono in grado di fare. Tuttavia, un gesto simile non implica un necessario lieto fine. Lei, infatti, aspetta sulla panchina raccontando la propria storia a chi ha raccolto le sue lacrime – il quale, a sua volta, si è innamorato di lei – perché è passato un anno, il forestiero è tornato a San Pietroburgo, ma ancora non ha dato segni di sé.
     Uno, due, tre, quattro: alla quarta notte lui si dichiara e lei, sorpresa ed eccitata dalla novità, ride e preme il viso sul suo petto, bagnandolo con lacrime di altro sapore. E non si limita a queste effusioni: comincia a fare progetti. Dice che dimenticherà tutto; adesso ama solo lui e lui soltanto; gli stringe le mani: domani, domani! Si sposeranno e insieme alla nonna vivranno in una casa più grande e potranno perfino andare all’opera, magari a Il barbiere di Siviglia... Poi, frettolosamente, corregge l’inelegante lapsus: non vale, mia cara. Spillo scaccia spillo? Può darsi. Certo che il primo spillo avrà sempre un vantaggio sul secondo spillo… Infatti, sulla strada compare il forestiero e lei, senza esitare un microsecondo, si getta tra le sue braccia.
     Mattino: il raccoglitore di lacrime piange, ma non ha perso; continuerà a sperare, soffrire, immaginare; perché possiede le forbici del sogno, e scriverà libri meravigliosi... Do Re Si Do Re Si Do Re Si Do Mi Mi. 


Il Barone Inesistente 

Etichette: , , , , , , , ,