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L'Inesistente: Michail Bulgakov – Cuore di cane

27 settembre 2013

Michail Bulgakov – Cuore di cane


Alla prima ipotesi, espressa da Galeno e da Vesalio, ch'essa provvedesse all'eliminazione del muco elaborato dal cervello, la ghiandola deve il suo nome di pituitaria, cui il Soemmering sostituì successivamente quello d'ipofisi. Ritenuta, di poi, interessata alla elaborazione del liquido cefalo-rachidiano, fu solo dal Brown-Séquard riconosciuta nel novero delle ghiandole a secrezione interna. Le osservazioni cliniche e i molteplici metodi d'indagine sperimentale sono venuti, da quel momento, apportando dati numerosi circa la sua importanza nell'economia generale dell'organismo, senza che, tuttavia, di questa si possa ancor oggi avere una visione completa e soddisfacente. Il che dipende dalla molteplicità strutturale dell'organo, come dalle sue intime correlazioni con le altre ghiandole a secrezione interna, nonché poi dalla difficoltà operatoria di assicurarne una completa estirpazione, senza incorrere in lesioni di territori nervosi vicini, e, più propriamente, dei centri trofici dell'ipotalamo. Sembra tuttavia, dal complesso dei dati sperimentali, che l'estirpazione del lobo anteriore, negli animali giovani, induca arresto dell'accrescimento di massa nonché dei processi differenziativi dello sviluppo, con tipico infantilismo somatico e psichico.

Ipofisi – Treccani.it

***

Attenzione. Questo oggetto spuntato dal fertile terreno della letteratura russa agli albori del XX secolo, non è un cavolfiore: è una piccola bomba a orologeria. Ovviamente, per i tempi in cui il libro è stato pubblicato, ma non solo. Il Sig. Michail Bulgakov, infatti, oltre a essere un pericoloso sovversivo – uno di quegli intellettuali le cui parole, come serpenti mandati dalla notte, si infiltrano negli angoli della società in cui si pensa si spera si crede nella presenza di luce – è estremamente abile nel celare la sua sete di distruzione e, come tutti i buoni scrittori, approda a esiti drammatici.
     Cuore di cane può essere letto come un racconto dal sapore fantascientifico (venato di stira politica) in cui il solito scienziato pazzo rimane imbrigliato nell’ossessione di portare a termine un esperimento straordinario. Allora viene subito a mente lo stucchevole Frankenstein di Mary Shelley o il tema abusatissimo del patto faustiano col diavolo anima X conoscenza. Si aprono gli scenari del proibito, del mistero, del sublime schillerianamente inteso. L’impresa dell’uomo che spinto da ùbris innata cerca di superare i propri limiti, varcare i confini del possibile, comprendere l’orrore e la meraviglia della natura. Titanismo e roba del genere. Una vicenda piuttosto trita, se non triviale, almeno dal punto di vista narrativo.
     Tuttavia, l’opera di Bulgakov è altra cosa. Al centro c’è un esperimento. A un cane di nome Pallino viene asportata la calotta cranica e il suo cervello viene sostituito con quello di un uomo. Si ricuce, e via, parte la metamorfosi. In particolare, nel bailamme di tagliuzzamenti e di sbrodolamenti di sangue, lo scienziato è attento a impiantare con efficiente garbo e nel posto giusto un’ipofisi tenuta in formalina nell’armadietto del laboratorio. L’ipofisi non è solo la ghiandola del sistema nervoso centrale (la cui fisiologia è in gran parte ancora oggi ignota) che, una volta trapiantata nel paziente, trasforma gradualmente il cane in uomo: l’ipofisi è il Caronte che traghetta Pallino dalla sponda canina alla sponda umana; è, in altri termini, l’impulso corporeo di un cambiamento esistenziale.
     Pallino Pallini si abitua presto alla sua nuova condizione. Si scola litri di vodka, legge Kautsky, gironzola compiendo piccoli (e grandi) delitti; trova perfino un lavoro: accalappiatore di animali randagi; molesta femmine in giro e si iscrive anche al partito comunista e, fumando sigarette con i giornali sotto al naso, prova gusto a improvvisarsi militante politico. È necessario aggiornarsi. Perché l’uomo baffuto ha ragione e così devono andare le cose. Niente di strano, insomma, per uno che è appena diventato uomo.
     Una considerazione: Cuore di cane è stato dato alle stampe nel 1924, ed è strano – questo sì – che l’autore non sia stato deportato o fatto fuori su due piedi. Proprio quell’anno era morto Lenin, lasciando campo libero all’ascesa al potere di Stalin il quale, nominato segretario generale del partito comunista dell’URSS nel 1922, si era sbarazzato con poca difficoltà di Trotskij e della sua teoria della rivoluzione permanente e, liquidando la NEP, aveva avviato il socialismo in un solo paese, la collettivizzazione forzata delle campagne, la crescita dell’industria pesante mediante i Piani Quinquennali, il culto dello stakanovismo. E poi: Grandi purghe, Grande terrore, sterminio di massa, dittatura.
     In questo clima lo scienziato mette in atto la sua impresa, che non è originale solo perché non ha né lo scopo dichiarato di contribuire alle magnifiche sorti e progressive della scienza né il classico intento di dimostrare che l’uomo può creare e manipolare la vita - L’esperimento di Bulgakov è una metafora biforcuta: la metafora sia del fallimento del socialismo bolscevico sia dell’uomo nel suo rapporto esistenziale con la Storia = BAU + BAU.
     L’esperimento, non a caso, fallisce (Pallino Pallini alla fine torna nelle sembianze di un cane) – e con esso fallisce il cambiamento esistenziale cui il cane, la vittima dell’esperimento, era andato incontro. Il fallimento è duplice: 1) l’uomo inserito nel contesto storico-sociale sopra descritto, smarrisce la sua umanità, regredisce a forma canina – accettando e applicando la violenza, la non bellezza, l’assenza di morale e di giustizia – perdendo però anche la natura istintiva pacifica ed eticamente pura racchiusa nel cuore di un cane: ‘Il vero disastro è proprio che lui non ha più un cuore di cane ma un cuore di uomo. E dell’uomo più abietto che si possa immaginare!’; 2) a livello macroscopico, con il fallimento dell’esperimento, Bulgakov denuncia una profonda crisi etica ed estetica dovuta alla mancanza nell’uomo moderno di un cuore di cane, mancanza che rappresenta la rinuncia sul piano esistenziale (ma anche politico) a una connessione simbolica tra res cogitans e res extensa, a una umana/canina concordia ordinum tra cuore e cervello funzionale a uno scorrere più organico e meno abominevole della Storia.

Il Barone Inesistente

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